Ti è mai capitato di fare una cosa per la prima volta e riuscirci stranamente bene? O sentirti dire “ma sul serio non hai mai fatto X prima d’ora?”
ATTENZIONE: questo articolo potrebbe contenere riflessioni sparse e aneddoti su vite passate, Reincarnazione e affini (tempismo perfetto per il tema, visto che oggi è pure il mio compleanno). La lettura è pertanto sconsigliata a chi ha fretta di bollare come “cazzate” tutto ciò che si riconduce ad argomenti a cavallo tra Scienza e Spiritualità.
Bene, dopo un doveroso avvertimento, posso iniziare a raccontarti alcuni aneddoti che ho ricordato giusto in occasione del mio primo lavoro con i pastelli (quelli che si sfumano con le dita… Che goduria!)
Il mare dimenticato e i pastelli
Da almeno una decina d’anni ho un’immagine di riferimento con una pietra in mezzo al mare: le onde si infrangono sulla spiaggia e la roccia, impassibile, divide le acque. Il tutto sovrastato da un cielo “complicato”, diciamo così.
Ho cercato di dipingere più volte questo soggetto, ma tra ricorperture della tela e prove su carta, ancora non era venuto alla luce… Fino a quando non l’ho usato come pretesto per provare i pastelli nuovi, arrivati freschi freschi.

Mi aspettavo di fare un pasticcio dell’altro mondo, considerando che era la prima volta in assoluto che usavo questo strumento (il bello di essere autodidatta è pure provare le cose nuove quando ne hai voglia tu). Invece… Invece è uscito fuori un lavoro che piace molto a me e altrettanto a chi mi segue, tanto da essere “volato via” quasi subito.
Questo mi ha fatto pensare a una cosa: forse non è la prima volta che uso i pastelli. Magari è la prima volta in questa vita, ma in altre vite forse era uno dei miei mezzi espressivi prediletti!
Tutto quindi, in teoria, sta nel ricordare quello che ho già imparato in epoche remote. Mica facile però.
Comunque non è la prima volta che mi capita qualcosa del genere, anche se in passato avevo una (non)consapevolezza un po’ diversa sull’argomento.
Mi è capitato, per esempio, con altre tecniche durante un corso di disegno e pittura a cavallo tra il 2008 e il 2009. Il corso era strutturato in basi del disegno, chiaroscuro, matite colorate e poi avanti con acquerelli e olio.
Il chiaroscuro con i tulipani da una foto di Hamilton mi diede grandi soddisfazioni, ma più di tutto fu il disegno con le matite colorate: una bellissima veduta di Santorini.

Ero molto legata a quell’immagine, una cartolina presa pochi mesi prima in viaggio con un’amica sull’isola vulcanica. Volevo che quel disegno potesse essere un ricordo da regalare alla compagna di viaggio ed ero decisa a realizzarlo.
Nonostante fosse la prima volta per me con le matite colorate usate seriamente in età adulta, e nonostante le parole scoraggianti dei maestri (che avrei lasciato per vicende personali dopo poco) decisi di lanciarmi a testa bassa nell’impresa e… Miracolo! Guarda un po’, il lavoro era molto molto carino.
Con la consapevolezza di oggi, forse anche quella volta stavo solo scavando nella memoria di altre vite.
Qualcuno potrebbe bollare tutto questo con “avere dei talenti nascosti” e chissà, potrebbe essere certamente così: capacità innate che cicciano fuori così, un po’ per culo magari.
Personalmente penso che sia tutta questione di ricordi: ricordare come si fa quella particolare cosa se già ti appartiene e l’hai padroneggiata in passato (un passato molto, molto passato).
Lasciarsi andare, seguire l’istinto… Dove l’istinto potrebbe essere il filo che ti lega a quello che hai imparato secoli prima.
L’arpa celtica e il quarto dito
Il discorso dei ricordi parecchio passati, per me torna di nuovo con la musica. Quando misi le mani seriamente su un’arpa celtica (lasciando perdere una mezz’oretta scrausa di workshop a una manifestazione), la mia bravissima insegnante Antonella Pierucci mi disse: “ah ma quindi tu hai già suonato l’arpa!” Rimase stupita nel sapere che no, non avevo mai suonato o preso lezioni serie.
Pure questa arriva da un’altra vita? Può essere, e mi fa pensare la questione spinosa del quarto dito!
Nell’ultimo e fortunatisssssimo anno del Covid-19, ho iniziato le lezioni con la talentuosa e paziente Aiko Taddei. Elogio la sua pazienza perché ultimamente sono una vera piattola e cerco in tutti i modi di evitare l’uso dell’anulare (il quarto dito appunto) della mano destra che suona la melodia.
Ok, va bene che in teoria il 4° si dovrebbe usare il meno possibile con i brani tradizionali della musica celtica, ma considerando che si possono suonare anche pezzi moderni, quel piccolo bastardo è decisamente utile.
Oh, io non so dirti perché, ma l’idea di arpa celtica + uso del 4° dito mi è totalmente estranea e pure fastidiosa. Sarà mica che vite fa, suonando, avessi attiva l’impostazione 4°-dito-free?
Se bastasse solo ricordare?
Tutto questo ragionare, guardandomi indietro e unire i puntini mi fa pensare ancora di più. Forse i bambini prodigio in realtà sono persone che ricordano lezioni imparate in altri posti e in altri tempi? Certo, ci sono tante altre possibili spiegazioni, come il caso, l’ambiente, delle intelligenze incredibili… Ma se invece bastasse solo ricordare? E se proprio chi crea fosse un po’ più incline a usare queste antiche memorie?
Credo che vedere la vita da questo punto di vista possa metterci tutti (artisti e non) nelle condizioni di affrontare le nuove sfide in modo diverso e più positivo… Qualunque sia la realtà sottostante, reincarnazioni o quoziente intellettivo superfico o puro talento per qualcosa.
Pensaci quando sei lì lì per iniziare a fare qualcosa di nuovo ma hai paura di non essere capace o di non avere talento: forse tutto quello che ti serve è ricordare, senza paura. Se poi non riesci, magari è proprio perché la sfida è totalmente nuova, e allora serve solo impegno e farsi un paiolo tanto (fine gergo tecnico)!
Bon, fine della riflessione “di compleanno”. Oggi ho un po’ spalato nuvole, come il mitico commissario Jean-Baptiste Adamsberg dai romanzi di Fred Vargas, uscendo dai canoni degli articoli utili propriamente detti.
Qui oggi hai conosciuto un pezzettino in più di me attraverso qualche storia e va bene così.
A presto,
Marina