Finalmente! Dopo anni di incertezze e dubbi sul come e perché farlo, hai finalmente deciso di prendere in mano la tua comunicazione sul Web, usando i suoi strumenti online. Ma è proprio a questo punto che rischi di dover fare i conti con un nemico inaspettato.
Non sto parlando dei dubbi su come usare tecnicamente i social o il tuo sito nuovo fiammante… Quella è “la meno” e basta studiare un po’ di manuali e guide per riuscire a presentarti in modo decoroso con tutto quello che serve.
No, il nemico da temere e che pure io ho affrontato parecchie volte (perdendo clamorosamente) è: la cravatta.
Con cravatta intendo entrare nello schema mentale che per comunicare al meglio chi sei e cosa fai, allora devi “sembrare professionale” ed è lì che ti si attacca la cravattite acuta.
I sintomi della cravattite acuta si possono riassumere in pochi e dolorosi punti:
- Per prima cosa c’è l’autocensura verso tutto quello che ti piace fare/vedere/vivere e che non combacia con l’idea che il professionista o artista serio dovrebbe fare/vedere/vivere.
Sei una pittrice cinquantenne con la passione per la musica rock e gli eventi dal vivo? “Ma scherzi? Dovresti essere seria, non puoi parlare di queste cose in pubblico e online!” Ti fa pensare la cravattite.
- Subito dopo arriva il linguaggio incravattato, ingessato, rigido e dal cuore di pietra. Una specie di burocratese che ti autoinfliggi per darti un’aria professionale, colta e rispettabile.
“Parlare e scrivere in modo semplice? Ma va! Lo sanno tutti che le persone di un certo spessore, i professionisti e gli artisti veri usano un linguaggio colto, pieno di frasi arzigogolate!” Dice sempre la cravattite che nel frattempo ti è entrata in testa.
- Poi arriva l’insoddisfazione e la pesantezza di non essere se stessi, l’ansia di dover per forza rimanere chiusi in quel modello di professionista, pena non avere successo e non essere calcolati da nessuno.
“Vedi quello/a? Lui/lei sì che è professionale, mantieni la maschera o verrai ignorato!”
Se questi sono i sintomi della cravattite, le conseguenze dopo un po’ che sei stato contagiato arrivano come mazzate pesanti sulla capoccia.
Già, perché a lungo andare ti rendi conto di non essere felice, di fare una fatica mostruosa a mantenere questa comunicazione “professionale” e per di più… Rullo di tamburi… Non ti si fila nessuno e anzi, nei casi più gravi rischi sul serio di perdere anche le persone che fino a poco prima del contagio da cravattite erano pronte a sostenerti.
Che tu sia un pittore, uno scultore, un artista di ogni tipo o semplicemente una persona che ha voglia di cambiare vita e lavoro puntando su un proprio talento beh, stai attento a non beccarti la cravattite!
Ci sono cascata pure io…
Come accennavo prima, anche la mia comunicazione si è ammalata di cravattite e ho sperimentato sulla mia pelle la fatica, la frustrazione di sostenere il ruolo che pensavo ci si aspettasse da me come professionista.
E quando i risultati non combaciavano con le mie aspettative e non ripagavano le energie spese, allora mi sentivo una fallita e buona a nulla (qui vai anche con il tandem cravattite + sindrome dell’impostore).
E lo stesso l’ho visto capitare a persone brillanti, con un sacco di competenze e idee, con in più un carattere particolare e un’ironia pungente che andava subito al punto: ogni volta che queste persone di talento prendevano la cravattite seguendo i consigli di guru del Web o presunti tali… Ecco il danno!
Mettere la cravatta al posto di essere se stessi, usare toni freddi, ingessati e parole complicate significa puntualmente andare a schiantarsi contro un insuccesso o comunque a un risultato inferiore rispetto alla bontà oggettiva del progetto.
Perché? Me lo sono chiesta molte volte, sia per capire dove sbagliavo io, sia per capire come mai gli incravattati avessero così tanti problemi.
La risposta che mi sono data è che le persone sentono quando non sei sincero, quando ti sforzi per essere qualcun altro (specialmente quando i risultati sfiorano il grottesco).
Ripenso ad esempio al caso di un progettista/sviluppatore software e al suo atteggiarsi in tutti i modi a super-professionista figo che se la tira pure un bel po’. Lui usava un linguaggio palesemente non suo, cercando di raggiungere un certo modello di uomo d’affari di successo (diciamo una forma di cravattite con Rolex, con l’aggiunta di un po’ di spocchia). Risultato? Crollo di credibilità (che comunque all’inizio aveva) e prese in giro generali da conoscenti e colleghi.
Forse a questo punto stai pensando che sì, effettivamente un po’ di cravattite ce l’hai o che stavi proprio per prenderla…
Quindi ora che si fa?
Come puoi proteggere la tua comunicazione dalla cravattite ed evitare frustrazioni, ansie e allontanamento di persone che ti percepiscono come costruito o non autentico?
Quello che ho provato direttamente e che per me ha funzionato alla grande è stato prendere un bel respiro e mandare mentalmente a quel paese chi mi ha messo in testa l’idea che per essere un professionista credibile devo incravattarmi.
Aspetta però, questo è il primo passo, prendere consapevolezza, poi bisogna andare alle azioni concrete come SMETTERE UNA BUONA VOLTA DI NON ESSERE SE STESSI!
Tutto qui: fregatene e vai per la tua strada rimanendo fedele a te stesso.
Hai 50 anni e la tua passione è il rock dal vivo? Ottimo! Raccontalo, parla di cosa ti fa stare bene e cosa ti piace, cosa ti ispira nel tuo lavoro e come questo ti rende unico e particolare.
Hai un umorismo pungente e arrivi al punto con una sola frase? Bene! Se è una tua caratteristica distintiva perché mai dovresti fingere di essere un “serio e noioso professionista”?
Certo, oltre a togliere la cravatta che ti strozza, tornando finalmente ad essere te stesso, c’è un’altra cosa da fare: mettere da parte il linguaggio rigido e arzigogolato.
Hai mai pensato che le persone quando hanno a che fare con un professionista è perché hanno un problema da risolvere o un desiderio da soddisfare?
Mettiti nei loro panni: non ti senti intimorito e inadeguato davanti a qualcuno che ti rimbambisce di paroloni e frasi incomprensibili? Non cerchi piuttosto qualcuno che ti capisca al volo e che ti parli in modo diretto e chiaro? Se poi è anche divertente magari è pure meglio.
Il discorso vale per chiunque decida di mettersi in gioco e iniziare a comunicare online: usare un linguaggio chiaro e umano per esprimere sinceramente se stessi e le proprie idee è la chiave per lavorare felici e affrontare anche i momenti più duri con il sorriso, con in più il sostegno di chi empatizza con te e la tua autenticità.
Con questo articolo spero di averti dato una mano a guarire o a stare lontano dalla cravattite. Per quanto mi riguarda l’ho imparato a mie spese negli anni, ma più il tempo passa e più riprendo la mia dimensione facendomi conoscere per come sono e ti assicuro che la sensazione è magnifica!
Finalmente respiro, non sento più la cravatta che mi soffoca.
Alla prossima,
Marina la Dipintora prestata al Marketing Artistico
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